Il MedFilm premia tre palestinesi testimoni da martoriata Gaza
Ad Aya Ashour, Fatena Mohanna e Alhassan Selmi il Premio Koinè
(di Valentina Maresca) Il MedFilm Festival ha scelto di assegnare il Premio Koinè della sua XXXI edizione ad Aya Ashour, Fatena Mohanna e Alhassan Selmi, tre cittadini palestinesi che hanno fornito, ciascuno con i propri mezzi, testimonianza dalla martoriata Gaza. Il premio, consegnato dal giornalista e conduttore di 'Presadiretta' Riccardo Iacona, è stato ritirato a Roma dalla sola Ashour, in Italia dallo scorso 27 giugno e attualmente ricercatrice all'Università per stranieri di Siena, mentre Mohanna e Selmi sono ancora a Gaza. "Quando ho iniziato a scrivere per il Fatto Quotidiano non avrei mai pensato di ricevere un premio", ha esordito riferendosi alla sua collaborazione con la testata iniziata a ottobre 2023 e dedicando il premio a un'amica e ai giornalisti uccisi a Gaza "per aver deciso di non nascondere la verità al mondo". Ashour ha denunciato anche "l'uccisione di circa 200 palestinesi a Gaza" durante il cessate il fuoco e il cibo spazzatura che dal suo inizio entra in città: "Israele afferma che a Gaza arrivano aiuti umanitari, ma c'è solo cibo spazzatura come quello in scatola. Non ci sono frutta e verdura fresche né carne, ed è un altro modo che Israele ha per uccidere i palestinesi, mostrando però al mondo che prendiamo peso". Operatrice umanitaria con Save the Children e Médecins du Monde - Svizzera, Ashour ha inoltre manifestato la sua volontà di tornare nella sua città e i propri dubbi in merito: "Non so se sarà possibile, perché tra gli obiettivi di Israele c'è l'assenza dei palestinesi in quella terra". Gli altri due premiati, Mohanna e Selmi, hanno risposto ad ANSAmed da Gaza, dove documentano quanto accade rispettivamente con la fotografia e il reportage. "La fotografia si è trasformata in una forma di attivismo, non in senso politico ma umano", ha spiegato Mohanna. "Volevo mostrare al mondo che, dietro ai titoli dei giornali, Gaza è piena di volti, risate, resilienza e sogni che meritano di essere visti. Il nostro popolo è fatto di persone che creano la vita dal nulla, anno dopo anno, anche quando il mondo si rifiuta di permettergli di vivere appieno. Questo spirito di vita e resistenza è ciò che cerco di catturare in ogni immagine". Mohanna ha dedicato il Premio Koinè, che ha definito "un omaggio alle voci di Gaza, alla nostra resilienza, al nostro coraggio e alla nostra incrollabile umanità" alla sua città, alla sua gente e "alla memoria di mio padre, il cui amore, la cui fede e la cui forza continuano a ispirare ogni mia foto", con l'auspicio che il suo lavoro e quello degli altri due premiati "continui a far luce sulla nostra umanità e a ispirare comprensione in tutto il Mediterraneo e oltre". Per i telespettatori di 'Presadiretta' non è nuovo il nome di Alhassan Selmi, cui si devono diversi servizi giornalistici da Gaza. "Abbiamo continuato a documentare quotidianamente nonostante la mancanza di attrezzature efficienti", ha detto ad ANSAmed con un appello: "Invito la comunità internazionale e tutte le realtà di stampa a fare pressione su Israele affinché consenta ai giornalisti stranieri di entrare nella Striscia di Gaza per aiutarci a trasmettere la verità. La loro presenza ci garantisce una maggiore protezione perché sono tutelati dai loro Paesi e dal diritto internazionale che non è valido per noi giornalisti palestinesi, trattati come facili bersagli. Più di 250 giornalisti sono stati uccisi a Gaza in meno di due anni, eppure continuiamo la nostra copertura nonostante il pericolo". Selmi ha dedicato il Premio Koinè ai colleghi giornalisti uccisi per documentare i fatti "e alla grande artista italiana Marcella Brancaforte, che non ha mai smesso di disegnare per chiedere la fine di questa guerra ingiusta. Parlando il linguaggio dell'arte e dell'anima, è stata la voce di coloro che non ne avevano una". Per raccontare Gaza e la sua vita "nascosta dalla guerra, dalla mancanza di informazioni, dall'impossibilità di entrare", Iacona ha concluso che, da parte della redazione di 'Presadiretta', "l'idea è stata di dare voce proprio a questi ragazzi che ci hanno potuto raccontare ad altezza d'uomo quello che succedeva. Questo ha fatto la differenza".
G. Pires--JDB